Ritorno a Tana Termini

Sifone principale in 3D
Sifone principale in 3D (M.Tura su dati del Grotta Giusti Divers)

Nei periodi di tempo in cui il livello dell’acqua della faglia di Grotta Giusti non ci permette di esercitare la nostra pluridecennale attività di accompagnare i subacquei di tutto il mondo nella visita della parte sommersa di quella meravigliosa cavità termale, ecco che la nostra voglia di immergerci con “il sasso sulla testa” si rivolge ad altre grotte meno confortevoli ma altrettanto entusiasmanti.

Così, negli anni 2018/19, abbiamo rivolto le nostre attenzioni a Tana Termini. Il nostro gruppo subacqueo è numeroso, ben attrezzato e composto, oltre che da alcuni esploratori, da istruttori , che per la loro formazione, tendono a divulgare tecniche subacquee e valorizzare luoghi di immersione.

Questa cavità era conosciuta da alcuni di noi per aver partecipato ad una esercitazione del Soccorso effettuata molti anni fa proprio in questa risorgenza. E da questi dati siamo ripartiti.

LA RICERCA DELLA DOCUMENTAZIONE

Mauro, Giovanni, A.N. innominabile, Luciano, Alexia, Paolo
Mauro, Giovanni, A.N. innominabile, Luciano, Alexia, Paolo

Iniziate le prime immersioni di valutazione ambientale e tecnica, (ogni grotta è unica/diversa e richiede quindi addestramento, attrezzature e tecnice specifiche) siamo andati alla ricerca anche dei documenti relativi a Tana Termini. Il nostro intento era di rendere fruibile in sicurezza questa risorgenza e di documentarla. Decine e decine di immersioni per valutare l’ambiente, per togliere centinaia di metri di vecchi sagolini e doppini telefonici strappati e aggrovigliati da anni e anni di impetuoso scorrerre dell’acqua nella condotta, due immersioni per posizionare una sagola guida fissa con le indicazioni, servizi fotografici anche con fotografi professionisti (Fabio Ferioli, Stefano Gradi, Enrico Marsico), nuove misurazioni del sifone, e immersioni con subacquei che hanno avuto fiducia nella nostra arte di accompagnarli in grotta.

In questa ricerca di documenti scritti, siamo andati oltre, andando a ricercare l’esploratore di Tana Termini: Mauro Tura. E da questo incontro si è aperto un altro mondo per noi, ma credo anche per lui, che è tornato immediatamente a immergersi con noi a Tana Termini dopo 46 anni dalla prima volta.

Anche se sulle nostre teste ci sono i capelli bianchi, lo spirito rimane sempre lo stesso: esplorare, passare per luoghi dove non c’è passato nessuno, o pochissime persone, vivere emozioni particolarissime. E poi c’è lo spirito di gruppo che unisce gli umani che si ritrovano per uno stesso fine. Il nostro è quello di esplorare cavità sommerse. Poi con il caschetto sulla testa, i capelli bianchi non si vedono più. Si rivedono quando ci ritroviamo intorno a un tavolo a commentare l’ultima immersione. Un tavolo di allegria, imbandito di buone e abbondanti cibarie.

Qui riporto il frutto di alcune conversazioni con Mauro Tura, il ragazzo che costituiva il sub “di punta” dell’esplorazione. Ricordi lontani nel tempo, ma sempre vivissimi.

Prima esplorazione di Mauro Tura
foto di Mauro Tura (1974)

La prima immersione a Tana Termini fu effettuata appunto da Mauro Tura e Gianfranco Grandi nel 1974 con attrezzature subacquee che oggi definiremmo “eroiche” però all’avanguardia per quei tempi: doppio erogatore, decompressimetro SOS e casco con luce integrata (“meglio di quelle che allora esibiva Costeau” come ci racconta Mauro). Entrarono con un 10+10 litri caricato a 150 atm, con una protezione termica del corpo non proprio comfortevole e un reel che a quei tempi prevedeva una sagaola da sei millimetri. Sagola che al termine della prima immersione fu recuperata. La squadra di appoggio era costituita da numerosi speleo della U.S.B. (Unione Speleologica Bolognese).

Dopo alcuni mesi, una seconda spedizione. Questa volta due gruppi di due sub (M.Tura, G. Grandi e Contessi e Roversi) risalirono il sifone principale portando nella zona post sifone telefoni da campo con un cavo di un centimetro di sezione, che poi rimase come sagola guida. Oltre la zona di post sifone, esplorarono i sifoncini successivi fino al sifone che potremmo chiamare “finale” di cui non trovarono prosecuzione. In questa seconda spedizione fu iniziato il rilievo della cavità.

Il rilievo più preciso venne realizzato alle terza e ultima spedizione a cui, ai precedenti quattro si unirono altri due sub, tra cui il geologo “visionario” Daniele Postpischi che curò il rilievo della parte post sifone. Tre spedizioni nell’arco di sei mesi. La relazione con la buona descrizione della grotta la possiamo ritrovare negli atti del terzo congresso della Federazione Speleologica Toscana (1977) a cui, oggi, non c’è molto da aggiungere. Queste esplorazioni erano mirate (“istigate”) da geologi che ritenevano di essere in presenza di un “acquifero impressionante”, insomma di una zona di estremo interesse. In effetti altre grotte si aprono nel territorio circostante. Una fra tutte il Dordoio. Mauro si ricorda molto bene dei faticosi spostamenti in montagna con le bombole su le spalle a cercare, invano, il Dordoio, seguendo le poche informazioni disponibili e trovando invece altre grotte. Però senz’acqua. Sicuramente di acqua ne passa sempre tanta da Tana Termini anche se ci sono tante “perdite” come dimostra la presenza delle tante sorgenti circostanti.

DOVE SI TROVA

Siamo in un angolo della Toscana, sul confine tra le provincie di Pistoia e Lucca, un territorio ricco di storia e bellezze naturali. Esattamente nella valle del fiume Lima. A sinistra La Penna di Lucchio e il Memoriante, a destra domina il Balzo Nero, con rilievi minori come il Balzo Rosso e il Balzo della Colonnetta. Sullo sfondo il crinale di Campolino. Su queste pendici si aprono altre cavità come la grotta del Dordoio, e antiche miniere di piombo e di argento nell’area di Giumeglio che secoli fa resero fiorente questo territorio, come dimostrano storici insediamenti come Vico Pancellorum con la sua imponente Pieve di San Paolo del 873.

Ma noi il mistero, oltre che nella storia, lo cerchiamo anche nelle vene d’acqua che si perdono nel terreno.

L’IMMERSIONE

Per buona parte dell’anno nella stretta valle della Lima, specialmente nella zona di Tana Termini, il sole scompare dietro le pendici già appena dopo mezzogiorno. Solo la mattina i suoi raggi illuminano la piazzola a fianco del Ristorante Da Alino (fondato nel 1937 e gestito ancora oggi dalla stessa famiglia) dove lasciamo le auto cariche di attrezzatura e ci prepariamo alle ultime fasi pre immersione indossandola e facendo altri controlli e pianificazioni.

Non molti passi, e si apre la galleria artificiale scavata dalla società “Valdarno” negli anni 50, come saggio per la costruzione in questo punto,di una diga per imbrigliare le acque del fiume Lima. Costruzione mai realizzata. Entrando nella galleria un piacevole tepore ci accoglie. Abbiamo circa 13 gradi, ma rispetto agli zero dell’esterno è un bel salto di temperatura. Se poi si pensa che i miseri raggi di sole che abbiamo lasciato non ci saranno più all’uscita quando dovremo spogliarci..…allora godiamoci questa mite temperatura. Camminiamo illuminando con le nostre torce il suolo della galleria di sabbia con qualche pozzanghera d’acqua. Una cinquantina di metri in piano con le attrezzature subacquee su le spalle non sarebbero tanti, ma l’altezza ridotta della galleria ci impone di avanzare faticosamente curvi.

La galleria artificiale intercetta la grotta in due punti: il primo a circa metà della parte aerea e il secondo dove termina la parte aerea e inizia il sifone principale: il nostro sifone. L’acqua esce da una piccola apertura a forma di cuore, un paio di metri in basso al termine della galleria. Qui c’è da valutare la portata e la corrente, che alcune volte ci hanno imposto di non entrare e abortire l’immersione. La sicurezza innanzi tutto. La leggenda racconta che quest’accqua nasce da Fiumalbo, nel modenese, per arrivare fino a qui, ma noi sappiamo che il nostro sifone è poco più di cento metri. La temperatura dell’acqua è costante tutto l’anno sui 10/11 gradi, la morfologia della grotta non è proprio facilissima: lame sporgenti, ritorno con non buona visibilità, tratti stretti e sinuosi anche con strettoie importanti. Per contro non c’è eccessiva profondità e non sono presenti rami secondari per cui non c’è da fare navigazione complessa. C’è solo da segure la linea da noi precedentemente stesa. Quindi non è una grotta da palestra, ma non è tecnicamente così scontata, diciamo che è di difficoltà media, di acqua ne passa tanta, l’uomo un po’ meno.

Però possiamo passare. L’ingresso è un’apertura a cuore di poco più di un metro che permette la presenza di un sub alla volta. L’ultimo controllo e poi spostarsi sott’acqua di qualche metro per permettere l’ingresso del compagno e via di seguito. Il gruppo solitamente è costituito di due/tre subacquei che si muovono in fila indiana, dati gli spazi limitati. Non è una grotta di ampie dimensioni tipica dei tec divers che prevede tecniche di assetto e di pinneggiata. Qui ci dobbiamo muovere un po’ come siamo abituati a Grotta Giusti: senza pinne e con posizioni del corpo che devono conformarsi a spazi verticali, orizzontali, inclinati, a U. L’attrezzatura che abbiamo scelto è un bibo 7+7 ,con manifold, che ci consente una autonomia in massima sicurezza e la configurazione Hogartiana degli erogatori. Non mancano le luci, i caschetti e accessori. La protezione termica non è la classica muta tecnica stagna in trilaminato, ma una buona umida in due pezzi senza cerniere che ci consentirà di muoverci con agilità durante la “passeggiata” nella parte aerea post sifone, senza pericolo di tagli alla muta stagna che renderebbero il rientro subacqueo a dir poco penoso.

Varcato lo stargate entriamo in un tempo parallelo, in un non luogo indefinito. La linea guida, fissata con cura nelle immersioni precedenti con le “bandierine” tagliate presenti ogni dieci metri di avanzamento, permette di seguire il percorso più agevole. Il respiro è controllato, calmo e regolare, anche quello del compagno che ti segue. I fasci di luce delle nostre torce si inseguono, comunicano e si sovrappongono come i nostri legami di fiducia. La mente è stata silenziata, quindi l’ attenzione è massima come nello stato meditativo.

Gli strati inclinati di roccia bianca con inserti neri e le lame di roccia che si presentano nel fascio di luce fanno di questo ambiente naturale uno spettacolo incantevole e affascinante. Il fondo, nella prima parte tortuosa, presenta i caratteristici scallops scavati dall’acqua nella roccia carbonatica, poi vicino alla bandierina dei 30 metri troviamo sabbia sul fondo. Più avanti, nei passaggi più stretti, ghiaia. Alcune camere relativamente grandi ci fanno percepire che la condotta si sta allargano fino ad arrivare alla superficie.

L’ambiente aereo appena post sifone, non è molto ampio, ma ci permette di toglierci e di appoggare le attrezzature sub dopo aver chiuso con cura i rubinetti e predisposte le imbracature per un facile indossamento prima del rientro nella condotta.

Adesso un sali e scendi di gallerie, risalendo ruscelletti, laghetti, cascatelle. Insomma ancora un po’ di fatica con il rumore dell’acqua che scorre nelle tenebre delle grotte, ma anche con il rumore dei nostri tuffi nei laghetti e gli urli di gioia nel poter essere presenti in questo mondo incantato. Siamo gli abitanti di questa città scintillante nel buio sotterraneo. Concrezioni di tutti i tipi: dalle classiche stalagmiti e stallattiti di tantissime dimensioni diverse, alle grandi colate di calcare alle pareti. Cannule e tanti altri tipi di cristalli di calcite, ci accompagnano fino ad altri piccolissimi sifoni di pochi metri di profondità già esplorati e fino al sesto sifone, che più di venti anni fa ha visto Giovanni Caponi scendere fin quasi a quaranta metri. E qui l’esplorazione ha da proseguire, con la difficoltà di portare fino a questo punto le attrezzature subacquee necessarie.

Questo sarà il prossimo limite da superare. Intanto c’è da pensare al percorso di ritorno per varcare lo stargate, il tunnel gravitazionale dove lo spazio e il tempo sono connessi e uscire scioccati nel mondo di tutti i giorni. Meno prosaicamente c’è da pensare anche al pranzo che ci aspetta al ristorante, dove potremo commentare quello che abbiamo fatto e fare nuovi programmi, tra una battuta allegra e un bichiere di vino.
Tutte queste decine di immersioni, qui svolte negli ultimi due anni, hanno portato, si ad una migliore comprensione scientifica, risistemazione tecnica di quest’ambiente sotterraneo, ma anche al rafforzamento dei legami del gruppo se mai c’è ne fosse stato bisogno e last but not the least a ritrovare il ragazzo che fece l’esplorazione nel 1974 con cui abbiamo diviso le ultime immersioni, i ricordi e le nuove acquisizioni, nonche progetti futuri, perché lo “spirito”, come dice Mauro, è sempre lo stesso.
Io ho redatto queste note, ma queste sono il frutto del gruppo composto, oltre che da me, da Paolo Lenaz, Giovanni Caponi, Alessandro Noferi, ottimi speleosub di provata esperienza. Altri si sono alternati nelle numerose penetrazioni di documentazione, rilevazione, sagolatura, guida di altri subacquei in modo da standardizzare questa immersione pianificandola nei dettagli: Francesco Santunione, Mari Hisimura, Davide Cesare, Emanuele Buono. Lascio l’elenco dei subacquei qui accompagnati perché sarebbe già lungo. Noi, gruppo di Grotta Giusti, siamo pronti ad accompagnarne tanti altri e a prepararli con corsi appositamente predisposti per far amare questa meravigliosa attività che ci permette di vivere in luoghi naturali straordinari come Tana Termini.
        

Grotta giusti Diving - Discovery Cave - tinello12

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